Matteo Salvini rinviato a giudizio per il caso Open Arms
Il giudice per l’udienza preliminare (gup) di Palermo, Lorenzo Jannelli, ha deciso di rinviare a giudizio l’ex ministro dell’interno Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona plurimo nel caso della nave umanitaria spagnola Open Arms dell’ong Proactiva Open Arms. La prima udienza del processo si terrà il 15 settembre, davanti alla corte d’assise di Palermo. La vicenda risale all’agosto del 2019, quando l’ex ministro dell’interno impedì alla nave, che aveva soccorso 147 persone al largo della Libia, di attraccare nel porto di Lampedusa per 19 giorni in base al cosiddetto decreto sicurezza bis, approvato qualche settimana prima.
Sul caso si era espresso anche il tribunale amministrativo del Lazio (Tar) il 14 agosto 2019, rispondendo a un ricorso presentato dall’organizzazione spagnola. Il Tar aveva sospeso il decreto che impediva alla nave di entrare in acque territoriali italiane, riconoscendo “un eccesso di potere per travisamento dei fatti e di violazione delle norme di diritto internazionale del mare in materia di soccorso”. Il Tar aveva inoltre sostenuto che il soccorso era avvenuto in condizioni “di eccezionale gravità e urgenza”.
Nonostante la decisione del tribunale del Lazio, il ministro dell’interno firmò un nuovo decreto per impedire l’ingresso dell’imbarcazione nel porto di Lampedusa, ma i ministri della difesa e dei trasporti (Trenta e Toninelli) a quel punto rifiutarono di firmare il decreto. La nave, tuttavia, attraccò a Lampedusa solo il 20 agosto, dopo diversi ricorsi presentati dall’ong alla procura di Agrigento e al tribunale dei minori. Fu decisivo l’intervento del procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, che dopo essere salito a bordo, decise di disporre lo sbarco e il sequestro preventivo della nave, ipotizzando il reato di omissione di atti di ufficio. Nel decreto di sequestro preventivo, il pm di Agrigento Luigi Patronaggio aveva ricordato quali sono le normative internazionali sottoscritte dall’Italia che regolano il soccorso in mare. “L’obbligo di salvataggio delle vite in mare costituisce un dovere degli stati e prevale sulle norme e sugli accordi bilaterali, finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare”, aveva scritto.
Negli ultimi giorni di stallo la situazione a bordo della nave era degenerata: molti naufraghi avevano cominciato a gettarsi in mare per raggiungere la terraferma a nuoto, esasperati dalla lunga attesa. È stata, dunque, la procura di Agrigento ad aprire l’azione giudiziaria contro il ministro dell’interno Salvini nell’agosto del 2019, per poi passare la competenza al tribunale di Palermo, perché il reato riguardava un ministro ed era necessario chiedere l’autorizzazione a procedere al senato. Il comune di Barcellona, il capitano della nave Marc Reig e altre organizzazioni umanitarie si sono costituite parte civile nel corso delle udienze preliminari del procedimento.
Le reazioni alla sentenza
L’avvocata di Salvini, Giulia Bongiorno, aveva chiesto nella sua arringa difensiva il non luogo a procedere, citando “l’insindacabilità” delle decisioni politiche adottate dal governo Conte. “Non lasci che le sentenze si sostituiscano alle urne”, aveva detto Bongiorno concludendo la sua arringa, con la stessa strategia difensiva usata per il fascicolo Gregoretti, in corso al tribunale di Catania per un caso simile che riguarda la guardia costiera italiana e lo stesso ex ministro. Matteo Salvini, che era presente all’udienza di Palermo il 17 aprile, ha commentato sui social network la sentenza dicendo: “La difesa della patria è un sacro dovere del cittadino. Vado a processo per questo, per aver difeso il mio paese? Ci vado a testa alta”.